Fattori di rischio legati all’Assistenza sanitaria

Il rischio ICA aumenta con l’aumentare dei giorni di degenza ospedaliera. Si calcola che il rischio raddoppi per ricoveri superiori alle due settimane.

A livello italiano si segnala un rischio che varia dal 1,25% del reparto di Psichiatria al 22,9% della Terapia intensiva. A livello europeo l’ECDC segnala, in ordine decrescente:

Terapia intensiva 22,9%
Lungodegenza 16,4%
Riabilitazione 10,8%
Geriatria 9,82 %
Specialità mediche 8,36%
Combinazione di specialità 7,84%
Specialità chirurgiche 6,97%
Pediatria 4,04%
Neonatologia 1,83%
Ginecologia e ostetricia 1,62%
Altre specialità, non in lista 1,47%
Psichiatria 1,25%

[https://www.ecdc.europa.eu/sites/default/files/media/en/publications/Publications/healthcare-associated-infections-antimicrobial-use-PPS.pdf].

Uno studio condotto dall’Università di Torino, stima la prevalenza di ICA in assenza di intervento pari al 5,52% contro il 7,93% nel caso di intervento chirurgico minimamente invasivo. Questa percentuale sale al 10,4% nel caso di chirurgia invasiva (NHSN = Classificazione delle procedure di intervento proposta dal National Healthcare Safety Network statunitense).

Il ricorso a dispositivi invasivi, comunemente utilizzati nel trattamento di pazienti acuti e cronici determina un rischio più elevato di complicanze infettive, sia locali che sistemiche, il cui aggravamento può condurre a sepsi grave e morte. Lo Studio di prevalenza italiano sulle Infezioni correlate all’assistenza e sull’uso di antibiotici negli ospedali per acuti dell’Università di Torino segnala come:

Il catetere venoso centrale e l’intubazione sono i dispositivi più associati al rischio infettivo, con una prevalenza di ICA rispettivamente nei portatori del 21,4% e del 30,4%. Seguono catetere urinario e catetere venoso periferico, caratterizzati da aumento di rischio; soprattutto il secondo però risulta fattore di rischio solo a parità di reparto e gravità del paziente. Si è osservato che i pazienti per i quali è stato dichiarato che non era nota (sconosciuto e informazione mancante) la presenza o meno di un catetere urinario, vascolare periferico o di intubazione, presentavano un rischio di ICA aumentato.

[Università degli Studi di Torino, Studio di prevalenza italiano sulle Infezioni correlate all’assistenza e sull’uso di antibiotici negli ospedali per acuti (protocollo ECDC)]

Il ricorso massiccio agli antibiotici aumenta la possibilità che i microbi sviluppino un’antibiotico-resistenza. La presenza di batteri resistenti agli antibiotici: «Riducono drasticamente le possibilità di trattare efficacemente le infezioni e aumentano il rischio di complicazioni e di morte».

[E. MOSSIALOS et Al., Policies and incentives for promoting innovation in antibiotic research, European Observatory on Health Systems and Policies, 2010]

FATTORI DI RISCHIO PROPRI DEL PAZIENTE

Secondo gli studi di prevalenza, le caratteristiche del paziente maggiormente predittive di ICA riguardano l’età, il sesso e il quadro clinico.

L’età rappresenta un fattore difficilmente inquadrabile in un coefficiente medio internazionale. Secondo numerosi studi di prevalenza, non risultata essere rilevante in presenza di altri fattori considerati più significativi del rischio di contrarre un’ICA.

Il genere è una discriminante significativa del rischio ICA. In Italia, a parità di condizione clinica e di reparto, il sesso maschile comporta un aumento del rischio di contrarre un’ICA pari al 30% rispetto a quello femminile.
[Università degli Studi di Torino, Studio di prevalenza italiano sulle Infezioni correlate all’assistenza e sull’uso di antibiotici negli ospedali per acuti (protocollo ECDC)]

Questa discrepanza è dovuta in larga misura alle differenze di comportamento di genere, ad esempio il lavaggio di mani e ai modelli di vita (fumo, alcool etc.).

Tra i fattori di rischio propri del paziente, quello più impattante sul rischio ICA è il quadro clinico. Da questo dipendono, tra l’altro, la terapia adottata, il ricorso a dispositivi invasivi, la scelta del reparto e la durata della degenza. Anche al netto del reparto di ricovero e degli eventuali dispositivi invasivi, la condizione clinica determina un rischio che varia dal: «4,39% nei pazienti meno gravi, al 16,3% in quelli a rischio immediato di vita, con un aumento ulteriore di rischio di morte».

[Università degli Studi di Torino, Studio di prevalenza italiano sulle Infezioni correlate all’assistenza e sull’uso di antibiotici negli ospedali per acuti (protocollo ECDC)]

I neonati rappresentano un capito a parte. In Italia, si registra un significativo aumento di ICA nei bambini nati sottopeso (> 1 Kg ), stimato nel 15,4%. Questo dato si riduce del 70-80% nei neonati che superano il Kg (1 Kg – 2,5 Kg), per una prevalenza pari al 1,32% e sale al 1,84% [IC 95%: 0,73% – 3,67%] nei neonati il cui peso è superiore a 2,5 Kg.
[Università degli Studi di Torino, Studio di prevalenza italiano sulle Infezioni correlate all’assistenza e sull’uso di antibiotici negli ospedali per acuti (protocollo ECDC)]

A livello mondiale, Zaidi et Al. segnalano come i tassi di infezione tra i neonati partoriti in ospedale sia da tre a 20 volte superiore nei paesi in via di sviluppo rispetto a quelli dei paesi industrializzati.
[ZAIDIi AKM et Al., Hospital-acquired neonatal infections in developing countries, “The Lancet”, 2005; 365: 1175–88]

L’OMS stima che: «Tra i bambini nati in ospedale, queste infezioni sono responsabili di una percentuale che varia dal 4% al 56% di tutte le cause di morte nel periodo neonatale, tre quarti delle quali si verificano nella regione del sud-est asiatico e nell’Africa subsahariana».
[OMS, Report on the Burden of Endemic Health Care-Associated Infection Worldwide, Op. cit., p. 18.]

FATTORI DI RISCHIO E INDICI DI STRUTTURA

Il genere è una discriminante significativa del rischio ICA. In Italia, a parità di condizione clinica e di reparto, il sesso maschile comporta un aumento del rischio di contrarre un’ICA pari al 30% rispetto a quello femminile.
[Università degli Studi di Torino, Studio di prevalenza italiano sulle Infezioni correlate all’assistenza e sull’uso di antibiotici negli ospedali per acuti (protocollo ECDC)]

Questa discrepanza è dovuta in larga misura alle differenze di comportamento di genere, ad esempio il lavaggio di mani e ai modelli di vita (fumo, alcool etc.).

Indifferentemente dai fattori di rischio del paziente e di quelli legati all’assistenza sanitaria, a influenzare il rischio ICA troviamo variabili proprie delle strutture ospedaliere:

A – Struttura Primaria:* prevalenza studio ECDC = 5,0%

* Spesso indicato come “Ospedale distrettuale” od “Ospedale di riferimento di I° livello”.

– Poche specialità (principalmente Medicina interna, Ostetricia-Ginecologia, Pediatria, Chirurgia generale o solo Medicina generale);

– Servizi di laboratorio limitati, disponibili per la medicina generale ma non per le analisi patologiche specialistiche;

– Spesso corrisponde a un Ospedale generale senza funzione didattica.

B – Struttura Secondaria:* prevalenza studio ECDC = 5,0%

* Spesso nominato “Ospedale di provincia”;

– Ospedale è altamente differenziato per funzione, con un numero che va dalle cinque alle dieci specialità cliniche, quali Ematologia, Oncologia, Nefrologia, Terapia intensiva;

– Accoglie pazienti dagli ospedali primari;

– Spesso corrispondente a un Ospedale generale con funzione di didattica.

C – Struttura Terziaria:* prevalenza studio ECDC = 7,4%

* Spesso indicato come ospedale “centrale”, “regionale” o “di III° livello”;

– Personale altamente specializzato e attrezzature tecniche (Terapia intensiva, Ematologia, Trapianti, Chirurgia cardiotoracica, Neurochirurgia);

– Servizi clinici altamente specializzati;

– Unità di imaging specializzate.

– Fornisce servizi regionali e prende regolarmente referenze da altri ospedali (primari e secondari).

– Spesso un ospedale universitario o associato a un’Università.

D – Struttura Specialistica:* prevalenza studio ECDC = 6,0%

* Singola specialità clinica, eventualmente con sottospecialità.

– Personale altamente specializzato e attrezzature tecniche.

[Dati e definizioni: ECDC, Point prevalence survey of healthcare-associated infections and antimicrobial use in European acute care hospitals 2011–2012]

Con l’aumentare del numero di posti letto, aumenta anche il rischio di contrarre un’ICA. In Italia: «Gli ospedali con più di 250 posti letto mostrano un incremento rischio standardizzato di ICA, pari a 1,73 volte. In Europa, la prevalenza di ICA aumenta significativamente con le dimensioni dell’ospedale, dal 3,8% nelle strutture con meno di 200 letti al 5,9%.

[Università degli Studi di Torino, Studio di prevalenza italiano sulle Infezioni correlate all’assistenza e sull’uso di antibiotici negli ospedali per acuti  (protocollo ECDC)]

[ECDC, Point prevalence survey of healthcare-associated infections and antimicrobial use in European acute care hospitals 2011–2012,]

Con l’aumentare del numero dei posti letto di un ospedale, diminuisce e il numero degli addetti al controllo delle ICA, passando da una media di1,77 per le strutture con meno di 200 posti letto, a 1,10 per quelle da 200 a 399 posti letto, a 1 per quelle da 400 a 649. La mediana risale a 1,12 nelle strutture più grandi.

A livello europeo, la percentuale di MCI (Medici addetti al Controllo delle Infezioni) non sembra variare con l’aumento dei posti letto.

Un alto numero di infermieri e medici addetti al controllo delle ICA sembra essere correlato a una minore prevalenza di infezioni ospedaliere.

[ECDC, Point prevalence survey of healthcare-associated infections and antimicrobial use in European acute care hospitals 2011–2012]

Le stanze singole garantiscono un minor rischio di ICA e sono considerate un indicatore della possibilità di una struttura di isolare i pazienti. 

La loro percentuale nelle strutture ospedaliere è un fattore determinante nella gestione del rischio di infezioni nosocomiali. In generale, gli ospedali medi e grandi, hanno una dotazione di stanze singole maggiore dei piccoli. Il maggior numero di stanze singole è presente nelle Strutture specialistiche.

Questo valore è stato preso in considerazione per la prima volta nello studio condotto dall’ECDC a livello europeo del 2011-12. Riguarda il consumo di soluzione alcolica per lo sfregamento delle mani; il numero di posti letto con dispenser di soluzione alcolica in loco (inteso come indicatore della capacità di isolare i pazienti che veicolano microorganismi) e il numero di operatori sanitari con dispenser di gel idroalcolico.

Lo standard accettato a livello internazionale, ma che non può riflettere le diverse esigenze e caratteristiche dei vari setting di ricovero, è stimato in 20 L/1000 gg paziente. Rispetto al valore mediano europeo, pari a 18.7 L/1000 gg paziente, il consumo italiano per tutte le categorie di ospedale è di gran lunga inferiore, tanto che in alcuni reparti si stima un consumo pari a 0. Riporta lo studio L’igiene delle mani nel nostro Paese: i dati del PPS del 2019: «Per molte tipologie di reparto la mediana è pari a 0 quindi il 50% dei reparti non ha osservato nessuna opportunità di igiene delle mani».

Alcune ICA si manifestano come una tendenza endemica di alcune strutture sanitarie. Ossia, la presenza di ceppi di batteri o, più in generale, di microbi resistenti agli antibiotici ne rende difficile la santificazione. Per cui in alcune strutture, la presenza di questi microorganismi tende a diventare endemica.

Sebbene la necessità di adottare strategie di identificazione, classificazione e controllo delle Infezioni nosocomiali sia stata palesata fin dalla Circolare del Ministero della Sanità n. 8/1988 “Lotta contro le infezioni ospedaliere: la Sorveglianza” , non tutte le strutture ospedaliere si sono dotate di questi strumenti.

DA UN SEMPLICE GESTO DIPENDE LA NOSTRA VITA E QUELLA DI CHI CI CIRCONDA

Una corretta igiene delle mani riduce la trasmissione dei microrganismi responsabili di numerose malattie infettive (dall’influenza alle ICA – Infezioni Correlate all’Assistenza). 

Gesto semplice quanto efficace, l’igiene delle mani può essere fatta con il sapone comune

(frizionando il palmo e il dorso delle mani per almeno 40-60 secondi) o con una soluzione idroalcolica (per almeno 20-20 secondi).

Comportamenti corretti: È fondamentale igienizzarsi le mani

  • di assumere farmaci o somministrare farmaci ad altri
  • di toccarsi occhi/naso/bocca (per es., per fumare, usare lenti a contatto, lavare i denti, etc.)
  • di mangiare.

[Fonte: MINISTERO DELLA SALUTE, 5 maggio, Giornata mondiale dell’igiene delle mani https://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=5469].

  • aver usato i servizi igienici
  • aver toccato una persona malata
  • aver medicato o toccato una ferita
  • aver cambiato il pannolino di un bambino
  • aver toccato un animale
  • aver maneggiato alimenti, soprattutto se crudi.

[Fonte: MINISTERO DELLA SALUTE, 5 maggio, Giornata mondiale dell’igiene delle mani https://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=5469].

  • aver frequentato luoghi pubblici (negozi, ambulatori, stazioni, palestre, scuole, cinema, bus, ufficio, etc.) e, in generale, appena si rientra in casa
  • aver maneggiato la spazzatura
  • aver utilizzato soldi.

[Fonte: MINISTERO DELLA SALUTE, 5 maggio, Giornata mondiale dell’igiene delle mani https://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=5469].

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